Il 2020 si può riassumere con la parola Coronavirus. Sicuramente questo è stato l’evento che ha influenzato la vita di tutti. PMI e altre imprese incluse. Dall’oggi al domani le aziende si sono trovate catapultate in un mondo totalmente nuovo, dove l’ufficio e il contatto diretto con il cliente non erano più opzioni perseguibili. Molte aziende hanno risposto alla necessaria immobilità fisica con una improvvisa, spesso improvvisata, ma decisamente efficace spinta verso digitale: smart working, meeting, demo commerciali, assistenza, logistica, supply chain e molto altro. Questa digitalizzazione di processo che avremmo raggiunto in chissà quanti anni di piccole conquiste, ci è stata imposta dalla sera alla mattina. Ma come sempre, abbiamo fatto di necessità virtù e ci siamo organizzati.
Lo shock iniziale
Sembrano profetiche le parole pronunciate da Andrea Pontermoli – AD di Dallara – in una conferenza del 2017 di Confindustria Bergamo: “L’incertezza del futuro e la velocità con cui accadono gli eventi, in matematica, generano il caos. Ecco, a noi italiani, a gestire il caos, non ci batte nessuno!”.
A marzo 2020 la situazione era esattamente questa: caos. E nei mesi successivi non è andata molto meglio. Possiamo dire che flessibilità, adattamento e sofferenza sono stati il leif motiv delle imprese italiane nel primo lockdown. Flessibilità per aver dovuto prendere in mano la situazione e reagire velocemente. Adattamento per aver accettato i tempi che correvano sfruttandoli come si poteva fare. Sofferenza per essersi trovati in un contesto di grande fatica, stress e preoccupazioni per essersi dovuti assumere la responsabilità di scelte importanti. Tra queste, in particolare, l’attivazione (o meno) di cassa integrazione o obbligo di ferie. O addirittura la decisione di chiudere o meno l’azienda con rischi da una parte sulla sicurezza dei lavoratori, dall’altra sull’andamento del business. Decisioni gravose non solo dal punto di vista economico, ma anche etico ed emotivo.
La situazione che abbiamo affrontato è stata (ed è tragica), ma grazie alla resilienza delle imprese, è stata in qualche modo contenuta. Chiedendo alle aziende riguardo alla perdita di lavoro e fatturato, il 43% delle aziende intervistate ha evidenziato un calo in entrambi i contesti (il 19% dichiara pesanti perdite, mentre il 24% lamenta perdite più contenute). Alla stessa domanda però, il restante 57% delle imprese ha dichiarato di aver sofferto poco o per nulla questa situazione perché sono state in grado di continuare a lavorare in modo continuato (53%) o ridotto (7%).
Il lockdown di marzo 2020 ha palesato la necessità urgente di adattarsi in tempi molto rapidi ad uno scenario completamente nuovo e ciò ha richiesto molta flessibilità, seppur in un momento ricco di complessità. Per la maggior parte delle aziende questo ha comportato un adattamento importante dei processi e della loro organizzazione.
Il traino del digitale
Davanti all’esigenza di cambiamento e organizzazione, la maggior parte delle aziende ha trovato la risposta nel digitale. Il 70% delle aziende ha addirittura messo in campo più progetti di digitalizzazione contemporaneamente. Nella maggior parte dei casi (64%) la strategia è stata quella di accelerare immediatamente processi previsti per il prossimo futuro, talvolta con un orizzonte temporale passato da 2 anni a 2 mesi. Quest’iniezione di innovazione è stata certamente forte, anche se in alcuni casi di livello base.
Centrale, ovviamente, è stata l’espansione dello smart working, spesso nella forma di home office. Ma tra le altre novità implementate dalle aziende troviamo anche la dematerializzazione dei contratti, la virtualizzazione di prodotti e servizi, nonché la revisione o sostituzione del software gestionale. Un’altra area di innovazione importante è stata quella relativa alla connessione con i colleghi, i clienti e i potenziali clienti. Il tutto sviluppato attraverso ‘strumenti di collaborazione’, videocall e massiccio ricorso al webinar (credo non ci sia anima viva con accesso a internet che nell’ultimo anno non abbia partecipato ad un webinar in qualche salsa). Tra il resto, non è mancato però il potenziamento – certificato dal 67% delle aziende – di strumenti di digital marketing ed e-commerce. Insomma, la digitalizzazione ha avuto due focus principali:
Il lavoro da remoto
La connessione con la propria rete
Il dato che però sorprende e fa ben sperare, è che tantissime volte questi interventi di digitalizzazione non si sono limitati a “tappare il buco”, ma hanno dato il via ad un vero e proprio percorso di digitalizzazione. Oltre a ciò che è stato fatto durante la prima emergenza, infatti, il 69% delle aziende intervistate, ha dichiarato di aver programmato l’attivazione di nuovi piani di digitalizzazione per i mesi e gli anni a venire.
La digitalizzazione delle imprese però non è passata solo attraverso un mero acquisto di software o dal potenziamento delle infrastrutture (cruciale la carenza di hardware e la scarsa connessione internet). Si sono verificati anche tanti casi di mancanza di cultura del dipendente rispetto al digitale: lavoro online, software sconosciuti, difficoltà nell’abbandono della carta. In diversi casi è stato necessario imparare a lavorare assieme non essendo assieme.
Reagire per non morire
“Quello che ha colpito di più durante questo periodo è stata la capacità di reazione di aziende e persone che, dopo un primo e comprensibile momento di smarrimento, hanno saputo riprendere in mano la situazione e dare una nuova direzione e impulso alle loro attività, vita e lavoro”. Una conferma viene anche dalle esperienze del gruppo ACS Data System spa, affermato gruppo IT nazionale, che si è subito messo a disposizione dei propri clienti per offrire risposte e indicazioni per aiutarli a ripartire in fretta, rendendo più efficienti i processi aziendali, assicurando business continuity e creando nuovi modelli di people e customer engagement”.
Lo abbiamo detto, la PMI si è adattata nella gran parte dei casi e sta trovando una nuova dimensione all’interno del mercato. Sicuramente, terminata la pandemia, assisteremo ad un parziale ritorno alle origini. Al lavoro in presenza. Alla visita al cliente. Al rapporto diretto. Ma è altrettanto sicuro che non sarà più tutto come prima. Vedremo smart working parziali (come si sta implementando in Infominds e ACS), continueremo a partecipare a riunioni online e non rinunceremo più alla sfida e alla comodità del digitale.
La domanda da porsi, piuttosto, è: Di quanto abbiamo accelerato la digitalizzazione delle nostre PMI e che impatto avrà sulla competitività delle stesse sul mercato?
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